Oggi affrontiamo uno dei temi attorno ai quali c’è più
interesse da parte del senso comune: la capacità di credere in sé stessi, la
cosiddetta autostima. Su questo
argomento nella letteratura specialistica, come anche nelle rubriche delle
riviste a più ampia diffusione, si trova moltissimo materiale, con indicazioni
e conclusioni tra loro abbastanza eterogenee, che fanno riferimento alle
rispettive scuole di appartenenza dei diversi autori. Su questo, come su altri
argomenti che abbiamo affrontato insieme, non avrebbe però senso cercare di
fare un riassunto di ciò che la ricerca ha prodotto. Cerchiamo, piuttosto, di
offrire una lettura abbastanza intuitiva
dell’autostima, che possa dare delle indicazioni dirette su come lavorare
su sé stessi in rapporto a questo tema.
Partiamo, ancora una volta, dal senso comune. Sicurezza in
sé stessi, nel gergo quotidiano, si traduce spesso con espressioni del tipo
“sapere ciò che si vuole”, “essere tutti d’un pezzo”, “sapere il fatto proprio”.
Espressioni che ci danno già indicazioni molto chiare, se ben intese. Essere sicuri vuol dire anzitutto essere
capaci di focalizzare la propria attenzione su di sé, a prescindere dal
giudizio, dalle opinioni, dalle esigenze, dalle richieste, dalle influenze
degli altri. Il primo requisito della sicurezza è la capacità di
concentrare il focus su di sé. Ma su che cosa in particolare? Su quali aspetti?
Sulle emozioni, ancora una volta. Di
fronte a una scelta, qualsiasi sia la sua portata, è fondamentale avere chiaro
l’effetto che avrebbe su di noi, sul piano emotivo, l’esito che ci aspettiamo.
Averlo chiaro e saperselo raffigurare nel modo più completo e articolato
possibile è il primo, indispensabile ingrediente della sicurezza in sé stessi.
Decidere se andare a vivere da solo e comprare o meno quella
casa, in via tal dei tali, sarà più semplice se mi è chiaro, su un piano
emotivo, tutto ciò che entra in gioco in un passo così importante e delicato: quanto
mi piace quella abitazione, in tutti i suoi particolari, quanto mi spaventa
aprire un mutuo, l’effetto che mi fa andare a vivere da solo con tutto ciò che
comporta, l’impatto che avrà sulle mie relazioni sociali, nel rapporto con i
miei genitori, e via dicendo. Quanto più
è dettagliata, articolata, contestualizzata, completa e centrata su di me
questa analisi, tanto più mi sarà chiaro che cosa mi porta - o mi ferma - dal
compiere quella scelta (proprio quella scelta lì e nessun’altra).
Quando tutto questo sarà chiaro, ossia sarò riuscito a
focalizzare l’impatto emotivo che una certa scelta ha su di me, subentrerà un
secondo aspetto fondamentale della sicurezza in sé stessi: sapersi giocare la propria partita tra gli altri. Ossia essere in
grado di mettere in campo tutte le proprie risorse (di forza, persuasione,
empatia, ecc…) per ottenere l’obiettivo che ci si è prefissi. In queste due
componenti della sicurezza in sé stessi sono in gioco competenze e capacità
molto differenti. Nella focalizzazione dell’impatto emotivo che una certa
scelta può avere sul proprio vissuto sono infatti in gioco soprattutto capacità di introspezione e
auto-osservazione; nell’espressione delle proprie istanze in un contesto
sociale sono invece all’opera le cosiddette abilità sociali.
Entrambe queste componenti hanno però in comune un fattore
fondamentale, sul quale vale la pena soffermarsi qualche istante. Si tratta dell’autonomia del giudizio e, quindi, della
scelta. Significa partire dalla consapevolezza per cui, pur nella vicinanza
delle persone più care, animate dai più nobili intenti nel dare indicazioni e consigli, la scelta è sempre una questione
individuale, che risponde a istanze talmente profonde, personali e, a
tratti, imperscrutabili da lasciare poco margine a tutto ciò che è esterno. Non
solo, delle proprie scelte ci si può far carico solo in prima persona perché
nessun altro – legittimamente – combatterà le nostre battaglie al posto nostro.
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