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Visualizzazione dei post da giugno, 2017

SCAPPA, SCAPPA... MA CHE ACCADRA' DOPO?

In questo nostro incontro virtuale, per introdurre il tema dell’ evitamento , partirò da domande molto elementari, e dalla risposta scontata. Qual è la prima cosa che vi viene naturale fare quando provate paura? Scappare! E quando qualche avvenimento vi tocca nel profondo provocando un dolore molto intenso, sia in senso fisico che morale? Scappare! E quando una situazione è così monotona e ripetitiva da provocare una noia mortale? Scappare! A ben guardare la fuga, ossia l’evitamento, è una delle modalità più ancestrali e più potenti che l’uomo abbia a disposizione per rispondere a un ampio spettro di condizioni di disagio. Che sia dolore, paura, noia, sconforto, impotenza, senso di inadeguatezza, fatica o, in alcuni casi, persino rabbia ciò che sperimentiamo, la fuga è spesso la prima risposta che ci viene automatico adottare . Ed in effetti è efficace , probabilmente come nessuna altra strategia che madre natura ci abbia messo a disposizione. Produce però degli “ effetti colla

BICCHIERE MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO?

Questa volta partiamo dal buon vecchio senso comune, anziché dal sapere psicologico, e cerchiamo di sfatare alcuni miti , laddove, tendenzialmente, ci possono portare fuori strada rispetto al tanto agognato benessere. Ci concentriamo in particolare su un’espressione che è familiare a tutti e che spesso viene citata per definire un atteggiamento generale verso la vita e anche una strategia per stare bene: il celeberrimo bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto . Il buon senso comune sollecita insistentemente un certo tipo di atteggiamento: “Guarda sempre il bicchiere mezzo pieno, non quello mezzo vuoto. Così sarà più facile affrontare le difficoltà e superare i problemi”. Ed ha le sue buone ragioni : fermarsi sul colpo di fronte alle difficoltà o crogiolarsi in un vittimismo impotente sicuramente non è un buon modo di affrontare i problemi. La psicologia, soprattutto di impianto cognitivista e comportamentista, ha dato consistenza scientifica a questo “atteggiamento mentale”. Le ricerche

LE EMOZIONI NON SI GIUDICANO

Le emozioni non si giudicano. Ciò che provo, come lo sperimento, il modo in cui gli eventi hanno suscitato e suscitano in me questa o quest’altra reazione emotiva non può e non deve essere oggetto di giudizio. Per non essere fraintesi, in un’affermazione così lapidaria, è indispensabile chiarire bene ciò che intendiamo. Anche perché il giudizio – è inutile negarlo – è ciò che apparentemente ci guida nelle opinioni, nelle scelte e nei comportamenti della quotidianità. Allora osserviamo bene il contesto in cui un’indicazione così esplicita (“le emozioni non si giudicano”) ha senso che venga espressa. Nello scorso intervento argomentavamo il fatto che tra emozioni e pensieri sono le prime a dettare legge , ossia che, con tutti i distinguo e le cautele del caso , l’emotività nasce dalla vita e non dalla sua ricostruzione in un contenuto razionale , e come tale è più originaria, primitiva e “potente”. Le emozioni vengono prima dei pensieri, rappresentano il modo in cui incontriamo il